Link per la Parte 1 dell'incontro con Antonio Moresco e Walter Siti al teatro I in occasione della festa per i 10 anni di http://www.nazioneindiana.com/ 23/03/2013
http://www.youtube.com/watch?v=Rr_uyBlCelQ&feature=youtu.be
Link per la Parte 2 dell'incontro con Antonio Moresco e Walter Siti al teatro I in occasione della festa per i 10 anni di http://www.nazioneindiana.com/ 23/03/2013
Ogni volta che lo vedo e
lo sento parlare, Antonio Moresco mi ricorda la composizione geologica della terra:
esteriormente è una figura lineare, dai tratti duri e ruvidi; una scorza di
granito, basalto e roccia mafica. Il volto richiama il San Gerolamo pensoso e
sofferente di Caravaggio, trasmette un’idea di solitudine meditabonda, una
sofferenza virile e colta. Il corpo è quello di un camminatore costretto a
vagabondare sulla terra sino alla fine dei tempi, forte e snello. Sotto a
questa scorza fatta di silicati di sodio magnesio e alluminio si avverte il
magma liquido del nucleo: un vorticoso e profondo indagare l’Uomo, la Natura e
l’Universo, un pendolo lacerante tra l’Abisso e la Speranza. È lì il nocciolo
dei suoi libri, da lì nascono Gli Esordi e I Canti del Caos, lì si immergono
gli Incendiati, lì è l’ultima Lucina. Come la terra sbuffa e erutta la sua intima
materia attraverso lacerazioni e sconvolgimenti tettonici, così anche Moresco
si fa Vulcano e, discorrendo in maniera quieta e incredibilmente ferma, tenta
di squadernare al Mondo ciò che di esso è riuscito a comprendere.
Walter Siti è un cosmonauta, un proteiforme ricercatore dell’ἄνθρωπος. Le varie
reincarnazioni della sua vita (nato modenese, professore universitario a Pisa, Cosenza
e L’Aquila, rinato scrittore a Roma, ora esule a Milano) testimoniano il
bisogno intimo di comprendere lo Gnòmmero, di tentare di srotolarne la matassa.
Il corpo, la materialità del sudore (proprio e altrui) sono l’unica scala per potere osare l’impresa: attraverso i corpi
conosce e riconosce se stesso; giungendo al fondo delle proprie ossessioni riscopre
la Fibra della quale sono fatti quei corpi. Seguendo il filo della propria
intimità e delle proprie pulsioni, alla stessa maniera di Dante (non a caso, di
Dante hanno parlato a lungo nell’incontro al teatro I), percorre l’Universo e ne
dispiega la trama. Ogni delusione, ogni croce, ogni sofferenza narrata nei
libri è vera sofferenza, è vera escoriazione dell’anima; in questo sia Moresco
che Siti sembrano d’accordo: l’unico modo per comprendere è soffrire.
Osservare questi due
giganti sul palco, mentre offrono al pubblico scaglie della propria consapevolezza,
mentre si stupiscono sinceramente del mancato interesse degli scrittori per la
letteratura scientifica contemporanea o mentre affondano i denti nella propria
memoria e nel rapporto con le loro Città (Milano-Moresco; Roma-Siti), è
qualcosa che non può essere replicato o raccontato con le parole. A ruota
libera, senza scalette o argomenti concordati, giocando di reazione l’uno sulle
parole dell’altro, Moresco e Siti hanno avanzato sino a tardi, sino oltre i
limiti scelti dal programma dell’incontro; mi hanno costretto a rimanere più di
quanto avevo stabilito per la registrazione e a
disperarmi per essermi dovuto perdere le battute conclusive. Biondillo
all’uscita mi ha chiesto stupito: «Ma stanno ancora parlando?»: il rinfresco
seguente doveva iniziare già da 20 minuti, ma nessuno osava azzittirli; nessuno
voleva davvero che smettessero. Sapere che ora sono
entrambi a Milano, sotto un cielo «che va conquistato», come ha detto Siti, mi
rallegra incredibilmente.